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Posti letto di Terapia Intensiva. AAROI-EMAC sul Messaggero

Intervista al Presidente Nazionale

Sul Messaggero del 7 giugno è stata pubblicata, l´intervista di Graziella Melina al Presidente Nazionale AAROI-EMAC, Alessandro Vergallo, sul numero di posti letto di Terapia Intensiva.
Ecco le risposte:

Ai ministri dell´Università e della Salute, l’appello degli anestesisti ad aumentare il numero dei posti di terapia intensiva era stato rivolto già ad aprile, in piena pandemia. La Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva (Siaarti), l’Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani Emergenza Area Critica (Aaroi-Emac) e il Collegio Professori Anestesia e Rianimazione (Cpar) avevano chiesto di migliorare la rete assistenziale aumentando i posti letto fra il 35 ed il 50%, le borse di studio (di duemila/2500 unità) per Anestesia, Rianimazione, Terapia Intensiva e del Dolore e, secondo quanto già previsto dal decreto Cura Italia 2020, di arruolare gli specializzandi del quarto e quinto anno. “Riteniamo che queste siano misure ragionevoli e realizzabili anche in tempi brevi”, spiega il presidente dell’Aaroi-Emac, Alessandro Vergallo. Ma poi con il decreto pubblicato il 19 maggio la risposta ha superato addirittura le aspettative: l’aumento previsto per le terapie intensive è pari al 70%.

Una bella sorpresa?
“Non esattamente. Noi riteniamo che il numero previsto da questo governo sicuramente non è realizzabile dall’oggi al domani”.

Ma qual è la situazione attuale?
“Il fabbisogno in questo momento è sceso a livelli esattamene paragonabili o inferiori a prima della situazione pandemica. Per l’emergenza Covid, in tutti questi mesi, è venuta meno per la stragrande maggioranza la necessità di posti post chirurgici. Questo non deve farci pensare però che non abbiamo bisogno di aumentarli”.

State insomma cercando di bilanciare a seconda delle priorità?
“Le terapie intensive fino ad oggi hanno risentito positivamente proprio del blocco dell’attività chirurgica non urgente, abbiamo fatto a meno di operare pazienti, ma questa attività deve essere ripresa nel più breve tempo possibile. Durante la pandemia circa 1500 pazienti post operatori sono scesi a meno di 500. Un migliaio di posti letto sono stati pertanto dirottati dalla necessità post operatoria a emergenza covid”.

La carenza di personale specializzato è però precedente all’emergenza Covid.
“Fino a dicembre, stimavamo una carenza di 3-4 mila unità e la colmavamo aumentando i carichi di lavoro dei circa 18mila anestesisti esistenti, ricorrendo in gran parte alla remunerazione di attività aggiuntive”.

E durante la pandemia come avete fatto?
“Abbiamo proposto l’immissione dei colleghi specializzandi. Ma essendo stata prevista la partecipazione volontaria della platea, di circa 1100 persone che potevano beneficiare di questa possibilità in realtà ne sono stati immessi meno di 500”.

Ma stando così le cose, un incremento del 70 per cento potrebbe farvi comodo.
“Il 70 per cento in più di letti, se non c’è personale è inutile. E poi servono tutti i requisiti strutturali, oltre ad altri servizi assistenziali collaterali, come l’emoteca, il servizio di radiologia, il laboratorio analisi, che non sempre sono presenti se la rianimazione è creata in strutture ex novo”.

Ma se mancano tutti questi requisiti per il paziente cosa cambia?
“Ovviamente cambia la qualità dell’assistenza. Lo standard italiano delle Rianimazioni è altissimo. Poter contare su tutta una serie di servizi sanitari può fare la differenza”.

Nel caso di una seconda ondata di epidemia, però, non si può negare che un aumento consistente di posti letto in più farebbe stare tutti più tranquilli.
“Ma sarebbe una falsa tranquillità, legata al fatto che il potenziale paziente non è al corrente di ciò che serve perché si mettano in piedi dei veri posti di terapia intensiva. Adesso è ragionevole pensare ad un incremento del 35 per cento, dopodiché, eventualmente, quel 70 per cento previsto dal decreto potrà essere un obiettivo successivo”.

Ma come mai allora si è pensato ad un incremento così alto?
“Ipotizzare i numeri sulla scorta di un’ondata emotiva, per il timore di una tragedia del Paese, può essere comprensibile. Sono convinto che c’è stata una risposta più di pancia che di testa”.

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