L’intervista del Presidente su La Repubblica
Rassegna Stampa
Su La Repubblica.it l’intervista di Paolo G. Brera al Presidente Nazionale AAROI-EMAC, Alessandro Vergallo
“Facile fare i leoni da tastiera e i contestatori in piazza… Ma di scettici ne abbiamo visti arrivare un bel po’, in ospedale, e vi assicuro che si sono spaventati eccome”. Stavolta Alessandro Vergallo, presidente nazionale dell’Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani, non ci sta più a tacere. “Ho taciuto pubblicamente sui media per un po’ – ha scritto su Facebook – ma adesso è ora di contrattaccare le stupidaggini di ogni genere e specie. La curva epidemica si sta alzando e così anche il numero di persone ricoverate in terapia intensiva. E i malati di Covid-19 che vengono ricoverati in questi reparti non sono meno gravi di quelli arrivati a marzo o aprile. Il virus non è diventato meno aggressivo, la curva epidemica sta risalendo come i casi in terapia intensiva, che hanno un’età media più bassa”.
La situazione è davvero così deteriorata?
“Non è cambiata in poche ore, non è per questo che ho lanciato l’appello di noi anestesisti e rianimatori. Ma negli ultimi tempi ho sentito interpretazioni così fantasiose che era necessario fare un bel reset”.
I No Mask dicono: ci sono 60 milioni di italiani e poche migliaia di malati…
“Forse hanno dimenticato, ma noi no: curando pazienti gravi abbiamo tutti un vissuto devastante anche sul piano familiare e professionale. La verità è che i negazionisti hanno usato questo argomento per mettere insieme altri messaggi che vanno dall’anti vaccinismo al Nuovo ordine mondiale. Le proteste contro le misure di prevenzione non hanno senso: quelle misure sono assolutamente necessarie, e non perché ci sia l’allarme rosso ma perché la prudenza dei comportamenti sociali è indispensabile per la ripresa che tutti auspichiamo”.
Ma i casi gravi non sono effettivamente molti meno che in passato?
“C’è la prova che il virus circola meno proprio grazie al contenimento sociale. Per la quantificazione dei contagiati invece è difficile fare paragoni per la discrepanza che c’è tra i tamponi fatti oggi e quelli che era possibile eseguire a marzo. Solo i dati epidemiologici, e tra molto tempo, ci sapranno dire quale sia il rapporto tra malattia e infezione, e se sia cambiato”.
Chi si ammala oggi rischia come allora?
“Non è meno grave rispetto a un paziente che si ammalava a marzo. Quella che è cambiata è la capacità di diagnosticare in tempi molto più rapidi. Grazie all’esperienza tragica ora sappiamo individuare il malato molto prima. Poi è cambiato l’approccio terapeutico, all’inizio la malattia era completamente nuova ma ora conosciamo molto meglio le strategie da mettere in atto per contrastarla”.
Com’è la situazione attuale nelle terapie intensive Covid?
“Il numero di casi è sicuramente molto inferiore, i pazienti che devono arrivarci lo fanno prima e vengono trattati meglio. Proprio per questo non bisogna abbassare la guardia. Se è vero che il progresso dell’epidemia è molto più lento lo si deve al contenimento sociale, è paradossale che quelle misure che lo hanno consentito ora siano vissute come una limitazione della libertà”.
Il professor Zangrillo definì il virus clinicamente morto…
“Beh, il fatto che ricircoli depone che non sia morto. E quanto alla patogenicità, il fatto che sia ben vivo è dimostrato perché i ricoveri in terapia intensiva ci sono di nuovo”.
Ma il virus si è attenuato, almeno?
“No, il ceppo virale non è diventato più buono. Come clinici non escludiamo che sia diminuita la carica virale, forse per la stagionalità; ma la minore aggressività semmai è della carica virale, non del virus”.
I decessi di questi giorni si riferiscono a pazienti già ricoverati da tempo in rianimazione o a contagi recenti?
“Tra i morti di questi giorni il numero di coloro che erano malati da tempo è marginale rispetto alle nuove infezioni. E anche oggi va detto non tutte le morti di soggetti positivi sono strettamente legate al coronavirus come causa principale o unica”.
Le misure attuali vi convincono?
“Crediamo siano congrue rispetto alla situazione e alle prospettive. Auspichiamo anche noi una ripresa rapidissima delle attività economiche, ed è necessario riprendere a curare a pieno tutte le patologie che hanno subito rallentamenti. Per la prevenzione del contagio tutte le procedure ospedaliere subiscono percorsi di sicurezza che rallentano”.
Mesi fa lanciò l’allarme: si parlava molto di posti mancanti in terapia intensiva ma poco della mancanza di rianimatori. La situazione è migliorata?
“Dal punto di vista strutturale sicuramente sono aumentati i posti disponibili. Quanto al personale vediamo i risultati del decreto del 9 marzo, il reclutamento degli specializzandi: abbiamo acquisito la capacità assistenziale di 1.500 colleghi che pur non essendo ancora specialisti hanno quasi completato il percorso di formazione, e abbiamo apprezzato il notevolissimo aumento dei posti nella scuola di specializzazione sia per anestesia e rianimazione che per medicina d’urgenza: sono quasi raddoppiati, e sono la vera trincea”.
Non teme che con la ripresa della scuola possa arrivare una seconda ondata? Siete pronti ad affrontarla?
“Con la ripresa una maggiore circolazione del virus ci sarà, e crescerà man mano che saranno riattivati gli spostamenti sociali. Le scuole sono sicuramente un fattore, ma non possiamo pretendere di bloccare completamente la vita del Paese. Per questo, ribadisco, le misure di prevenzione sono assolutamente congrue”.
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