COSMED denuncia: manovra penalizza i dipendenti pubblici
LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E IL LAVORO PUBBLICO SCOMPARSI DALLA LEGGE DI BILANCIO. AUMENTANO LE DISCRIMINAZIONI E LE PENALIZZAZIONI PER I DIPENDENTI PUBBLICI
La legge di bilancio dimentica la Pubblica Amministrazione e i dipendenti pubblici. Il contratto 2022-2024 già scaduto il 31 dicembre 2021 verrà finanziato nell’ultimo anno del triennio e tale ritardo, purtroppo abituale, viene riproposto nonostante un tasso di inflazione senza precedenti da decenni. L’incremento del 1,5% erogato come una tantum è del tutto inadeguato come anticipazione.
Per la Dirigenza i cui contratti sono scaduti il 31 dicembre 2018 nessuna accelerazione sull’approvazione degli atti di indirizzo. I Dipendenti pubblici aumentano i loro crediti nei confronti dello Stato con un ritardo nel rinnovo dei contratti inaccettabile oltre al sequestro della liquidazione erogata a rate differite. Si tratta di un debito non solo non considerato, ma palesemente occultato. Iniqui e divisivi i provvedimenti fiscali che da un lato penalizzano il lavoro dipendente in toto e dall’altro penalizzano i dipendenti pubblici nei confronti dei lavoratori privati. Viene ridotta la tassazione sui “premi di risultato” dal 10% al 5%, ma solo per il settore privato mentre resta escluso il lavoro pubblico.
È evidente e di dubbia costituzionalità la discriminazione che determina in particolare in sanità una concorrenza sleale tra servizio pubblico e privato accreditato e rende difficile il reclutamento nel pubblico delle professionalità più elevate. Evidentemente non viene considerata l’assoluta necessità di incentivi alla produttività nel settore pubblico gravato dagli esiti della pandemia basti pensare a problematiche gravissime quali le liste di attesa nella sanità, del sistema di protezione sociale e della stessa applicazione del PNRR. Parimenti non si considera il contributo del sistema pubblico nella produttività e nello sviluppo del Paese. Il riconoscimento del sacrificio dei dipendenti pubblici durante una pandemia tutt’altro che superata risulta palesemente contraddetto dai fatti. Continuare a discriminare il lavoro pubblico significa perseguire un modello di sviluppo che smantella e privatizza istituti e diritti fondamentali di cui necessitano in particolare i ceti più svantaggiati.
Non esiste un piano almeno per il mantenimento degli organici carenti in una Pubblica Amministrazione sempre meno attrattiva per i giovani. Il finanziamento aggiuntivo alla sanità è appena sufficiente ad affrontare l’incremento dei costi dell’energia, espone le Regioni ad un deficit incrementale e non consente adeguamenti contrattuali e necessarie assunzioni esponendo il sistema ad un inevitabile collasso. Non si considera inoltre il quadro epidemiologico con uno stato endemico del covid e dei suoi esiti.
Sul piano previdenziale nessun progresso per un’equità di sistema che tenga conto del diverso contributo tra lavoro dipendente e autonomo (con notevoli differenze di aliquote contributive) mentre l’ulteriore appesantimento dell’opzione donna, già pesantemente penalizzante, rende l’istituto totalmente inadeguato, infine la limitazione dell’accesso alla pensione con nuove e retroattive decurtazioni e tagli alle rivalutazioni costituisce un precedente pericoloso per la credibilità del sistema oltre che fonte di contenzioso. È urgente e necessario un riequilibrio nella distribuzione delle risorse che non escluda una parte fondamentale del Paese.
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