Reparti ospedalieri gestiti da Universitari? NO, grazie.
L’intervista rilasciata all’edizione di Genova de La Repubblica dal Prof. Alessandro Bonsignore, Professore Associato della Università di Genova e Presidente dell’Ordine dei Medici di Genova, ha prodotto sconcerto all’interno di Anaao Assomed e Aaroi-Emac. Non solo per una chiara invasione di un campo che non è di pertinenza degli Ordini professionali, ma anche per la malcelata presunzione di volere “salvare” il sistema sanitario regionale della Liguria chiamando professori universitari, la cui mission è costituita essenzialmente dalla didattica e dalla ricerca, alla direzione di Unità operative degli ospedali, il cui compito è essenzialmente la assistenza dei malati.
Le Facoltà di Medicina e gli ospedali rappresentano, oggi, in Italia, due sistemi estranei l’uno all’altro, scarsamente permeabili, con personale separato da prerogative e compiti differenti, in una condizione che rende teso il rapporto e difficile la collaborazione. L’utilizzo della didattica, quando non di un pregiudiziale complesso di superiorità, come grimaldello per l’accesso alla direzione delle strutture assistenziali, costituisce un elemento che mina nel profondo l’auspicabile rapporto di integrazione. Il fenomeno trova linfa nel mancato rispetto delle norme che stabiliscono confini e condizioni della presenza universitaria entro le strutture del Servizio sanitario, non a caso avvertita dal personale ospedaliero come minacciosa mina vagante all’interno delle Aziende Ospedaliere Universitarie e anche, come è il caso oggi della Liguria, al di fuori di esse, sia pure con il nobile intento di “salvare” il servizio sanitario regionale. Né vale lo sbandierato intento di allargare le reti formative, visto che a questo scopo non è assolutamente necessaria, né richiesta dalla normativa, la direzione universitaria di Unità Operative Complesse ospedaliere. È appena il caso di ricordare che il metodo di scelta del personale universitario chiamato alla direzione di reparti ospedalieri è costituito dalla stretta di mano tra Direttore generale e Rettore, anche in assenza del requisito della specializzazione richiesta finanche per l’accesso al lavoro nel SSN, con la benedizione dell’Assessore di turno. Mentre è prevista una selezione concorsuale per il medico che lavora in ospedale, in quanto figlio di un dio minore, con tanto di commissione, colloquio, punteggio e graduatoria.
Quel fenomeno di clinicizzazione selvaggia di interi reparti ospedalieri, che da tempo denunciamo, trova spazio ormai in più regioni e in più aziende. Di certo, in un momento di crisi di sistema in cui occorrerebbe facilitare le carriere e le motivazioni di un personale in pieno burn out, non appaiono giustificabili attacchi immotivati alla professionalità di decine di migliaia di medici ospedalieri, che hanno salvato il Paese da una Caporetto sanitaria durante la pandemia. Tantomeno se inseriti in “una strategia che vuole bravi professori associati diventare primari di reparti ospedalieri rimasti senza guida”. Non vorremmo che il vizio delle aziende sanitarie di non bandire per anni concorsi per primari trovasse una sua spiegazione.
L’Anaao Assomed e l’Aaroi-Emac sono intenzionate a seguire con attenzione ogni tentativo di invasione dei reparti ospedalieri da parte delle Università e denunciare tutte le iniziative assunte in violazione della legge. Ci auguriamo che la Regione Liguria voglia evitare di entrare in conflitto con le Organizzazioni sindacali della dirigenza medica e sanitaria, fornendo un’ulteriore spinta all’emorragia in atto di medici e dirigenti sanitari, che lamentano, oltre al peggioramento delle condizioni di lavoro, anche una scarsa possibilità di carriera.
Trattare università e ospedale senza garantire parità di diritti e doveri, fa male al sistema di cure, fa male ai medici del presente, soprattutto fa male ai medici del futuro. E al diritto alla salute dei cittadini.
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